Film "Inganni"
  • Film "Inganni"
  • 2009-10-27T21:00:00+01:00
  • 2009-10-27T22:00:00+01:00

Film "Inganni"

Tutti pazzi per il cinema a cura di Luca Malavasi

Rassegna di film, fiction e documentari, dedicati a poeti e alla poesia dei “matti”.

In tutti gli incontri sarà presente il regista

 

INGANNI (96’, 1985)

Regia di Luigi Faccini

Gli anni nel manicomio fiorentino di Castel Pulci dove Dino Campana (1885-1932), poeta “maledetto” che passò come meteora nel cielo alto della poesia italiana del primo Novecento, fu coatto dal 1918 fino alla morte. Tolte le irruzioni del passato, lampi e deliri della memoria in cui affiorano le immagini odiosamate dei genitori e di Sibilla Aleramo, l'azione è concentrata sui rapporti di Campana con i compagni di dolore, soprattutto quel professor Pariani che frequentò il poeta a scopo di studio tra il '26 e il '30. Non è un film biografico né didattico: la tesi della sanità profonda, anche se orfica di Campana è insinuata, non imposta. Così è appena suggerita la polemica antipsichiatrica. Aver fatto sentire la poesia di Campana attraverso immagini, figure e ritmi è il maggior merito del film che s'avvale della splendida fotografia di Marcello Gatti. Due Nastri d'argento (regia, fotografia) e 4 premi Laceno d'oro.

Faccini ha scelto come ambientazione l’ospedale psichiatrico di Roma, il Santa Maria della Pietà, utilizzando qualche decina di degenti per il ruolo dei “matti”. Sedotto dall’ambiguo rapporto fra realtà e finzione, il regista opera una raffinata e sottile interpolazione, inserendo nella fiction del “racconto” brandelli di “reale”, di vita vissuta. Ma il “racconto” è a sua volta costruito su di una biografia (reale?), per cui Faccini impernia la trama su due personaggi principali: Dino Campana e un giovane psichiatra che lo sottopone ad una terapia avanzata rispetto a quelle in uso nel periodo […] Complicità e rifiuto, confronto e scontro, sono le polarità opposte, ma complementari, della vicenda. La percezione “sinestetica” di Campana viene rappresentata in una serie di flashback, di sogni, di allucinazioni e visioni: nello spazio concentrazionario dell’ospedale psichiatrico (sbarre, inferriate, reti, porte metalliche, chiavistelli, fanno sentire la loro soffocante e claustrofobia presenza) il poeta vive e rivive momenti della propria esistenza, non importa se reale o immaginaria: la storia con Sibilla, il rapporto con la madre, la compenetrazione con la natura (Cinema Nuovo).